«Con Monsignor Romero Dio ha visitato il Salvador» disse prima di morire sotto i colpi delle mitragliatrici dell'esercito il rettore dell'Università centroamericana (Uca) Ignazio Ellacurìa nel nel 1989.

Ma ci sono voluti quasi quarant'anni perché la Chiesa recepisse quello che i poveri avevano immediatamente annunciato. Ossia che monsignor Romero aveva dato la vita per il popolo salvadoregno. E dunque era santo. E lo era da subito, da quella sera del 24 marzo del 1980 quando morì con il cuore spezzato da un proiettile di un fucile ad alta precisione sparato da un sicario nella chiesa dell'hospitalito mentre celebrava la messa. Santo a furor di popolo, senza tante mediazioni burocratiche, tribunali ecclesiastici, indagini mirabolanti. Come un alter Christus egli aveva intrapreso la strada del Calvario perché aveva capito che il vangelo non è un qualcosa di intimistico da vivere privatamente nella santità di una vita domestica ma è un messaggio di liberazione da giocarsi nella storia, dalla parte degli oppressi, degli affamati, dei perseguitati, dei torturati, dei condannati, degli emarginati, degli esuli, dei profughi, degli scomparsi. E ci voleva un Papa latinoamericano come Francesco per capire quello che i Papi europei, assillati dal pregiudizio anti-comunista, non avevano compreso. Romero si oppose totalmente alla dittatura che in Salvador massacrava e annichiliva migliaia di campesinos, operai, preti, sindacalisti, oppositori politici (70 mila uccisi nel mattatoio di un paese grande quanto una regione italiana) non per motivi ideologici, ma perché quello era l'unico modo di essere fedele al vangelo.
Il 24 marzo del 1980, alla 18, Romero celebra una messa privata nella cappella dell'hospidalito La sagoma di un uomo alto e magro entra improvvisamente dalla porta. Si siede in fondo alla chiesa. Estrae un fucile e spara. Proprio in quel momento Romro sta alzando il calice con il sangue di Cristo. Improvvisamente si sente un boatoe si vede Monsignore cade ricoperto delle ostie e del vino consacrati. Il 30 marzo, al funerale scoppiano tumulti e l'esercito spara. Rimangono a terra sessanta morti. La guerra civile in Salvador si chiude nel 1992 con i trattati di pace. Poco prima di morire Monsignore aveva detto: «Se mi ammazzeranno risusciterò nel popolo salvadoregno».

Marianella Garcia Villas aveva pianto sulle spalle di Romero dopo aver subito uno stupro nei corridoi bui e freddi del commissariato di polizia. E Romero aveva pianto come un niño, insieme a Marianella, ascoltando tutta quella sofferenza. Marianella era bella e aveva due ali enormi. Planava con la macchina fotografica su ogni strage e ridava un volto e un nome agli uccisi. Anche lei venne crivellata di colpi solo tre anni dopo il suo Monsignore, il 13 marzo del 1983. 
 
Leggi anche: 
Sant'Oscar Arnulfo Romero, http://www.paxchristi.it/?p=18024

Querido monseñor, edit. Mosaico di pace Marzo 2015, https://old.mosaicodipace.it/mosaico/a/41362.html

San Romero di America, novembre 2018: https://old.mosaicodipace.it/mosaico/a/45858.html
 
 
 
 
 

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