Rientri da Odessa e Mykolaiv e nella testa e nel cuore hai una gran confusione, dolore, tristezza, rabbia, e tanto altro… Siamo stati con la 5a carovana di #Stopthewarnow a Odessa e Mykolaiv.

Ritorni a quella che viene definita ‘normalità’ di vita. E ti chiedi cosa sia la normalità. Dopo aver incontrato volti, stretto mani, abbracciato persone giovani e anziane che vivono lì dove la guerra è realtà, in tutto la sua follia. Eravamo in 150, molti anche giovani. Abbiamo portato aiuti, generatori di corrente, (piccoli e uno grande grande a Odessa per Ospedale Pediatrico), ma soprattutto ci siamo andati di persona... Perché, ci dicevano, arrivano gli aiuti, ma quasi mai arrivano le persone. Invece voi siete qui con noi. Abbiamo condiviso il segno del ramo d’ulivo, simbolo di mitezza, di nonviolenza… Abbiamo condiviso anche momenti di gioia, di vita, con un ‘concerto in piazza.. in una città grigia e fredda, dove sono rimaste solo donne, bambini e anziani. Un sorriso, qualche lacrima di chi ascoltava uno scatenato Kappa con la sua chitarra a cantare ‘felicità’. Kappa, Alberto Capannini della Giovanni XXIII è lì a Mykolaiv da tre mesi…  “I potenti, ci dice, sanno come iniziare la guerra ma non come finirla… Noi siamo qui per sostituire ai rapporti di forza violenti la forza dei rapporti. Non siamo pronti ad uccidere, ma siamo pronti a rischiare con voi. Perché la vostra vita vale come la nostra…”. Ci siamo anche collegati on-line con l’ambasciatore italiano a Kiev, Francesco Zazo e con il Nunzio apostolico a Kiev, mons. Visvaldas Kulbokas. E non è mancata la telefonata in diretta del Presidente della Cei, don Matteo Zuppi… che ha promesso che cercherà di esserci, se ci sarà una nuova carovana di pace.

E così, mentre ritorni a casa pensi, ricordi, cerchi segni di speranza e ti vengono in mente le parole di don Tonino Bello a Sarajevo, il 12 dicembre 1992: “Gli eserciti di domani sono questi, uomini disarmati”.

Un amico presente a Mykolaiv scrive un bell’articolo sulla prima pagina dell’Osservatore romano di lunedì 3 aprile: Ritornano in mente le parole di David Maria Turoldo quando durante gli anni della grande guerra gli offrirono una pesca e dopo averla addentata disse: «Senti che è di troppo il sapore di una pesca in questa povertà di case diroccate... Sposato hai una pena di non sentire mai dolcezza alcuna che non sia di tutti».

Ce n’è quanto basta per vivere con intensità la Settimana Santa.


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