"Parrebbe giunto il momento - ha detto il Ministro Crosetto qualche giorno fa - per una incisiva azione diplomatica…”.  Si parlava, in Parlamento, della guerra in Ucraina.

Si potrebbe dire: meglio tardi che mai. Oppure cercare di vedere il bicchiere mezzo pieno. In realtà, credo sia la conferma di una visione sempre più tragicamente diffusa che ritiene la guerra un modo realistico, concreto per risolvere i problemi... E poi, certo, in un secondo tempo, con le debite cautele, c’è spazio anche per la politica, per una azione diplomatica.
Insomma: prima la guerra, poi la politica.
Può darsi che il ministro creda alla teoria di Carl von Clausewitz: “La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi”. Ma la Costituzione, su cui ha giurato Crosetto e tutti i ministri con lui e prima di lui, “ripudia la guerra”.
L’impegno per una ‘incisiva azione diplomatica’ dovrebbe esserci sempre e comunque, o mi sbaglio?
Peccato che un mese fa, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l’Italia si sia astenuta non votando la risoluzione che chiedeva un cessate il fuoco immediato a Gaza.
Prima la guerra, poi la politica.
Peccato che un anno fa, il 12 gennaio 2023 il ministro della Difesa Crosetto ha incontrato a Baku il Presidente dell'Azerbaijan Aliyev, per discutere «temi di comune interesse nel settore della Difesa ed energetico, obiettivi condivisi anche dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni». Scriveva La Stampa il 27 settembre: “Il nostro Paese, infatti, risulterebbe tra i principali fornitori di mezzi militari utilizzati dall'Azerbaijan nell'offensiva che ha già causato oltre 400 vittime (almeno un migliaio secondo fonti indipendenti), oltre 40.000 sfollati e interi villaggi rasi al suolo… sotto i riflettori sono finite le commesse milionarie in particolare di Leonardo, l'azienda italiana partecipata dal Ministero della Difesa”.
Prima la guerra, poi la politica.
C’è bisogno ancora di guerra? Per quanto tempo? C’è bisogno ancora di vendere tanti armi, anche a Israele.
Proprio oggi l’amico Giorgio Beretta, analista di Opal, documenta gli affari di Leonardo con il Governo di Israele, con tanto di dati e numeri alla mano!
Papa Francesco era stato chiaro nel discorso al Corpo Diplomatico, lo scorso 8 gennaio: “Le guerre possono proseguire grazie all’enorme disponibilità di armi. Occorre perseguire una politica di disarmo, poiché è illusorio pensare che gli armamenti abbiano un valore deterrente. Piuttosto è vero il contrario: la disponibilità di armi ne incentiva l’uso e ne incrementa la produzione. Le armi creano sfiducia e distolgono risorse. Quante vite si potrebbero salvare con le risorse oggi destinate agli armamenti?”.
E poi, certo, con i grandi guadagni accumulati con il mercato delle armi… si può fare anche beneficenza.
Ne parla Tonio Dell’Olio nel suo Mosaico dei giorni proprio oggi: “Il Bambin Gesù dice no … i vertici dell'ospedale pediatrico Bambin Gesù che hanno rifiutato la donazione di un milione e mezzo di euro dalle mani insanguinate dei vertici di Leonardo (ex Finmeccanica), azienda leader di sistemi d'arma aerospaziali, per l'acquisto di una macchina diagnostica d'avanguardia nella cura delle malattie rare. L'ospedale del Vaticano ha rifiutato la generosa offerta nella consapevolezza che non si può con una mano sostenere l'uccisione di bambini nel corso di sanguinosi conflitti e con l'altra concorrere a salvarne altri.” (https://www.mosaicodipace.it/index.php/rubriche-e-iniziative/rubriche/mosaico-dei-giorni/4142-il-bambin-gesu-dice-no)

Si tratta di scegliere…


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