Come ricordarti oggi, caro don Tonino, nel 31mo anniversario del tuo “dies natalis”?
Perché sostare ancora accanto alla tua tomba come fanno i pellegrini che sempre più numerosi si recano in quel luogo santo di Alessano dove sei stato seminato come germoglio primaverile di una Pasqua sempre invocata e da tutti attesa?
Come parlare di te senza tradire o decurtare il tuo messaggio, senza venir meno a quella consegna lasciata a quanti con affetto ti eravamo vicini nelle ore estreme del tuo calvario terreno?
Nella penombra luminosa del vescovado di Molfetta avevamo celebrato la tua ultima Eucaristia nella mattinata di quel 20 aprile che avrebbe segnato la tua nascita al cielo.
Confitto sulla croce di un lancinante spasimo del corpo, ma non sconfitto nella tua indomita offerta d'amore, volesti affidare al tuo fratello vescovo don Luigi Bettazzi i simboli di un impegno e di un cammino che avremmo dovuto proseguire sulla stessa strada e nella stessa direzione.
A lui consegnasti la tua stola multicolore che proveniva dalla Chiesa dei poveri del Sud America e la tovaglietta usata sull'altare domestico, tessuta insieme da donne di etnia diversa della ex-Jugoslavia, immersa allora in una estenuante guerra fratricida.
Ci ricordavi così che la pace e i poveri camminano insieme e che, se vogliamo la pace, dobbiamo camminare con gli ultimi della fila, guardare con i loro occhi, condividere le loro ferite e loro speranze. E gli ultimi per te non erano mai numeri, statistiche, sigle, ma nomi, persone, volti da accogliere, da riconoscere, da accarezzare: Giuseppe avanzo di galera, Gennaro l’ubriaco, Antonio il pescatore, Mohamed il diverso, il fratello marocchino.
Come rievocare ancora oggi la tua figura, in questo mondo precipitato nell'abisso della paura, nel baratro del terrore, col rischio incombente di un escalation bellica senza più controllo?
Avvertiamo - forse non ancora abbastanza - il pericolo che si metta mano all’arsenale atomico e che si sviluppi un incendio bellico devastante e dagli esiti fatali per tutti.
“Nell'aria - ci dicevi - c’è odore di zolfo”, si va diffondendo un senso di irragionevole “cupio dissolvi”, una sorta di pulsione irresistibile alla guerra, all’autodistruzione.
Ci troviamo su quello che padre Ernesto Balducci definiva “crinale apocalittico” della storia e non si riescono purtroppo a intravedere barlumi o gemme di speranza.
Ci manca la tua visione mistica e profetica che dalla cattedra del dolore ti faceva dire:
“vedrete come, tra poco, la fioritura della primavera spirituale inonderà il mondo perché andiamo verso momenti splendidi della storia. Non andiamo verso la catastrofe…".
Ci spronavi a essere sentinelle del mattino ma ci sembra impossibile ripetere con te che “ormai resta poco della notte”, avvolti come siamo da tenebre sempre più fitte e più ostinate.
Siamo intrappolati nelle reti mediatiche delle informazioni senza verità, negli oscuri intrallazzi dei signori del malaffare, nelle trame poco occulte della retorica bellicista che intende giustificare spudoratamente la follia della guerra.
Nel diabolico braccio di ferro degli schieramenti politici, economici e militari non c’è posto per il cessate il fuoco, si equivoca sulla “bandiera bianca” e si stravolge
perfino il senso ragionevole del realismo profetico di papa Francesco che indica instancabilmente le vie del negoziato, della trattativa, del dialogo.
Fu così anche per te che parlavi di eserciti disarmati e nonviolenti, di Onu dei poveri, rivendicavi il diritto/dovere all’obiezione di coscienza all’uso delle armi e alle spese militari, accusato di apologia di reato perché - si diceva - incoraggiavi alla diserzione.
Tu invece invitavi a osare la pace per fede, tracciavi i sentieri inediti della nonviolenza evangelica, sempre schierato dalla parte delle vittime, di coloro che non contano niente e dicevi che da loro, amici prediletti di Dio, ci viene la segnaletica del futuro.
“Non possiamo accettare la militarizzazione dell'informazione, della cultura, della scuola e della politica, sempre più ancella di una economia di guerra”, scrive ora Mosaico di Pace, il mensile di Pax Christi da te ideato e voluto.
Pensiamo ancora a te don Tonino quando si ripetono le stragi dei profughi sulle rotte mediterranee della disperazione e si colpevolizzano i soccorritori che con generosità raccolgono il grido di dolore che squarcia il silenzio dei flutti e ferisce le stelle del cielo.
Ci ritorna alla mente la tua passione civile mentre nel nostro Paese, favorendo le lobby delle armi, viene
smantellata la legge 185/90 riguardante i ”mercanti di morte”, quella legge che tu volesti caparbiamente insieme a tanti altri artigiani di pace e che ha garantito finora un serio controllo sull’ export delle armi.
Richiamando oggi la tua grande statura di uomo e di pastore, onore e vanto della Chiesa, del nostro popolo e della nostra terra, osiamo allora chiederti un dono, quello di essere, come te, - almeno un po' - innamorati e amanti della vita, di ogni vita.
Custodi gelosi del valore infinito e della dignità immensa di ogni essere umano - nessuno escluso - dal suo formarsi nel grembo materno fino al suo naturale tramonto.
Donaci perciò don Tonino di dare ancora voce, forma e contenuti al sogno di Isaia: “forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci. Un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo“ (Isaia 2,4).
L'articolo è pubblicato nel Il Quotidiano di Puglia, 20 aprile 2024