Scandalo: situazione insopportabile e indegna. Offesa alla coscienza morale. Inciampo. Follia. Grande ipocrisia. Grande struttura di peccato. Il papa utilizza la parola scandalo (o parole di analogo tenore) con tono solenne e appassionato per indicare la necessità di una indignazione costruttiva, di una ribellione decisa, di una mobilitazione nonviolenta.
Lo fa sia a proposito di mali interni alla Chiesa come il clericalismo (abuso di potere, di coscienza e di sesso), sia verso mali globali come la tratta delle persone, le moderne schiavitù, l’economia di scarto, le armi e le guerre.
A questo proposito, porto esempi degli ultimi mesi riguardanti le spese militari, il Medio Oriente, la produzione e il commercio delle armi.
"La pandemia è ancora in pieno corso; la crisi sociale ed economica è molto pesante, specialmente per i più poveri; malgrado questo – ed è scandaloso – non cessano i conflitti armati e si rafforzano gli arsenali militari. E questo è lo scandalo di oggi. Cristo nostra pace faccia finalmente cessare il fragore delle armi nell’amata e martoriata Siria, dove milioni di persone vivono ormai in condizioni disumane, come pure in Yemen, le cui vicende sono circondate da un silenzio assordante e scandaloso, e in Libia, dove si intravvede finalmente la via di uscita da un decennio di contese e di scontri cruenti [...]. Troppe guerre e troppe violenze ci sono ancora nel mondo! Il Signore, che è la nostra pace, ci aiuti a vincere la mentalità della guerra" (Pasqua 2021).
In tale contesto, evidenzio la “grandissima preoccupazione” per i violenti scontri armati tra Gaza e Israele che “rischiano di degenerare in una spirale di morte e distruzione. Numerose persone sono rimaste ferite, e tanti innocenti sono morti. Tra di loro ci sono anche i bambini, e questo è terribile e inaccettabile. La loro morte è segno che non si vuole costruire il futuro, ma lo si vuole distruggere [...]. Mi chiedo: l’odio e la vendetta dove porteranno? Davvero pensiamo di costruire la pace distruggendo l’altro? “In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro” (cfr. Documento Fratellanza Umana) faccio appello alla calma e, a chi ne ha responsabilità, di far cessare il frastuono delle armi e di percorrere le vie della pace, anche con l’aiuto della Comunità Internazionale" (16 maggio 2021).
Un altro esempio ha a che fare col finanziamento di industrie distruttive, “zizzania planetaria”. "Nello stato in cui versa l’umanità diventa scandaloso finanziare ancora industrie che non contribuiscono all’inclusione degli esclusi e alla promozione degli ultimi e che penalizzano il bene comune inquinando il creato [...]. Non è più sopportabile che si continuino a fabbricare e trafficare armi spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per curare le persone, salvare vite. Non si può far finta che non si sia insinuato un circolo drammaticamente vizioso tra violenze armate, povertà e sfruttamento dissennato e indifferente dell’ambiente" (libro-intervista Dio e il mondo che verrà, Piemme-Lev 2021).
A proposito del riarmo (più volte descritto come immorale, illogico o criminale, soprattutto quello nucleare), varie sono le brucianti espressioni bergogliane, profetiche e politiche a un tempo.
“E’ necessario affermare che la più grande struttura del peccato, o la più grande struttura dell'ingiustizia, è la stessa industria della guerra, poiché è denaro e tempo al servizio della divisione e della morte. Il mondo perde miliardi di dollari in armamenti e violenza ogni anno, il che porrebbe fine alla povertà e all'analfabetismo se potessero essere reindirizzati" (5 febbraio 2020 alla Pontificia Accademia di Scienze sociali).
"La guerra, che orienta le risorse all’acquisto di armi e allo sforzo militare, distogliendole dalle funzioni vitali di una società è contraria alla ragione, secondo l’insegnamento di san Giovanni XXIII (Pacem in terris, 62; 67). In altre parole, essa è una follia, perché è folle distruggere case, ponti, fabbriche, ospedali, uccidere persone e annientare risorse anziché costruire relazioni umane ed economiche. È una pazzia alla quale non ci possiamo rassegnare [...]. La guerra appare così come il fallimento di ogni progetto umano e divino: basta visitare un paesaggio o una città, teatri di un conflitto, per accorgersi come, a causa dell’odio, il giardino si trasformi in una terra desolata e inospitale e il paradiso terrestre in un inferno. E a questo io vorrei aggiungere il grave peccato di ipocrisia, quando nei convegni internazionali, nelle riunioni, tanti Paesi parlano di pace e poi vendono le armi ai Paesi che sono in guerra. Questo si chiama la grande ipocrisia (Bari, 23 febbraio 2020). Stride con tale fuoco nonviolento la cenere o la passività di tanti credenti e di gran parte della Chiesa in Italia.