“Quanto dolore sentiamo nel vedere i nostri fratelli e sorelle morire sul mare perché non li lasciano sbarcare! E questo, alcuni lo fanno in nome di Dio”. Così il Papa durante la domenica della Parola il 23 gennaio 2022.
In essa Francesco pone domande radicali e decisive. In quale Dio crediamo? Quale fede stiamo coltivando? Quale Chiesa intendiamo abitare? Altre volte Francesco era intervenuto contro quella forma di ateismo o idolatria che trasforma in arma politica escludente i simboli religiosi (ad esempio nel novembre 2021 in Ungheria e Slovacchia).
Quale Dio?
Anzitutto, Francesco invita a un sano ateismo verso il dio idolo. Dio “non è un padrone arroccato nei cieli ma un Padre che segue i nostri passi. Non è un freddo osservatore distaccato e impassibile, un Dio matematico. È il Dio-con-noi, che si appassiona alla nostra vita. Non è neutrale e indifferente, ma lo Spirito amante dell’uomo. E’ vicinanza [...]. Portiamo dentro al cuore questa immagine liberante di Dio, il Dio vicino, il Dio compassionevole, il Dio tenero? Oppure lo pensiamo come un giudice rigoroso, un rigido doganiere della nostra vita? La nostra è una fede che genera speranza e gioia o è ancora zavorrata dalla paura in un Dio Temibile che schiaccia sotto i sensi di colpa?”.
Quale fede?
Non può esistere una fede legata a poteri che escludono. “Quando scopriamo che Dio è amore compassionevole, vinciamo la tentazione di chiuderci in una religiosità sacrale, che si riduce a culto esteriore, che non tocca e non trasforma la vita. Questa è idolatria. Idolatria nascosta, idolatria raffinata, ma è idolatria. La Parola ci spinge fuori da noi stessi per metterci in cammino incontro ai fratelli con la sola forza mite dell’amore liberante di Dio”.
Quale culto?
Gesù, incalza il Papa, “non è venuto a consegnare un elenco di norme o a officiare qualche cerimonia religiosa, ma è sceso sulle strade del mondo a incontrare l’umanità ferita, ad accarezzare i volti scavati dalla sofferenza, a risanare i cuori affranti, a liberarci dalle catene. Questo modo ci rivela qual è il culto più gradito a Dio: prendersi cura del prossimo”.
Quale Parola? Quale Chiesa?
Superando rigidità e spiritualismi, occorre sapere che “la Parola che si è fatta carne (cfr. Gv 1,14) vuole diventare carne in noi”. La Parola certo consola ma “non ci lascia tranquilli, se a pagare il prezzo di questa tranquillità è un mondo lacerato dall'ingiustizia e dalla fame, e a farne le spese sono sempre i più deboli”. Siamo una Chiesa docile alla Parola? “Rimettiamo la Parola di Dio al centro della pastorale e della vita della Chiesa!”, esclama il Papa. Tante omelie, tante prediche rimangono astratte, moralistiche, lontane dalla Parola incarnata e dal lieto annuncio.
Lo stile di Dio
Tre, dunque, sono le parole decisive per essere fedeli allo stile di Dio: vicinanza, compassione, tenerezza (9 ottobre 2021). Il volto di Dio che possiamo trasmettere è quello di un Dio vicino, compassionevole, tenero. La fede che può esprimere questo mistero deve essere vicina, compassionevole e tenera.