“Oggi il male più grande della Chiesa è la mondanità spirituale. Il teologo De Lubac diceva che è il peggiore dei mali che può accadere [...] e fa crescere una cosa brutta: il clericalismo che è una perversione della Chiesa che genera la rigidità. E sotto ogni tipo di rigidità c'è putredine, sempre”. Così Francesco, intervistato da Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, domenica 6 febbraio 2022.

Una tremenda corruzione
Il tema della mondanità spirituale, legata al clericalismo (cfr. Clericalismo in questa rubrica), risuona nelle parole di Francesco fin dall'Esortazione Evangelii gaudium del 2013, testo programmatico del suo pontificato, diventato la guida di tutto il cammino sinodale. Il Papa definisce la mondanità come “tremenda corruzione con apparenza di bene”. Come “apparenza religiosa vuota di Dio”. Come “forma riduttiva di cristianesimo” nascosta “dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa”. Come tentativo di “dominare lo spazio della Chiesa” e trasformarla in “un pezzo da museo o in possesso di pochi” (EG 93-97).

I tanti nomi della mondanità
L’anno successivo, nel suo famoso intervento alla curia romana (22 dicembre 2014), elenca 15 “malattie spirituali” alcune delle quali tipiche della mondanità: vanagloria e rivalità, ossessione organizzativa, narcisismo ed esibizionismo, carrierismo e opportunismo, accumulazione dei beni e di profitto. La mondanità per lui ha tanti nomi. Parlando alle Pontificie Opere Missionarie (21 giugno 2020), tra le “insidie e patologie incombenti” il Papa cita l’autoreferenzialità, l’ansia di comando, l’elitarismo, l’isolamento dal popolo, l’astrazione, il funzionalismo efficientista.
Il 7 novembre 2021 parla di ipocrisia e di avidità di denaro. Il 28 novembre 2021 stigmatizza la mancanza di passione evangelica. Il 6 gennaio 2022 osserva che “la bulimia” organizzativa ci rinchiude nella tristezza distruttiva.

Un male camaleontico
Il 16 maggio 2020 a Santa Marta, ricordando De Lubac (Meditazioni sulla Chiesa, 1955), il Papa ribadisce che la mondanità è “camaleontica”. Corrompe la Chiesa perché è “una cultura dell’effimero, dell’usa e getta, secondo quello che convenga”. E’ il “il peggiore dei mali” perché “non tollera lo scandalo della Croce. E l’unica medicina contro lo spirito della mondanità è Cristo morto e risorto per noi, scandalo e stoltezza (cfr 1Cor 1,23)”.

Il futuro della Chiesa
Durante la citata intervista a Fazio, Bergoglio denuncia nella mondanità due eresie di ritorno: “Il pelagianesimo, cioè credere che con la mia forza posso andare avanti, quando invece la Chiesa va avanti con la forza di Dio, la misericordia di Dio e la forza dello Spirito santo. E lo gnosticismo, una mistica senza Dio, una spiritualità vuota. Senza la carne di Cristo non c’è Chiesa possibile e non c’è redenzione possibile. Dobbiamo tornare a mettere al centro il Verbo che si è fatto Carne. In questo scandalo della croce del Verbo incarnato c'è il futuro della Chiesa”.

Francesco e don Tonino Bello
Oggi, nel tempo del cammino sinodale, il tema ritorna insistente come monito non solo verso il clero ma anche verso i laici che spesso si fanno clericalizzare per comodità, per paura o per una visione ristretta di Chiesa. Per il Papa il futuro ecclesiale sta in una Chiesa incarnata, samaritana, “ospedale da campo”, vicina, compassionevole e tenera. Lo scriveva Tonino Bello nel 1985 quando invocava “una chiesa povera, semplice, mite, disarmata, conviviale, compagna del mondo”.


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