“Ho un grande dolore nel cuore per il peggioramento della situazione nell'Ucraina. Nonostante gli sforzi diplomatici delle ultime settimane si stanno aprendo scenari sempre più allarmanti […].

Ancora una volta la pace di tutti è minacciata da interessi di parte”. Così il papa durante l’udienza del 23 gennaio 2022 in preparazione della Giornata di preghiera per la pace del 2 marzo (e a pochi giorni dal suo atteso intervento a Firenze per un “Mediterraneo di pace”).

È tragico essere attaccati alle guerre!
Prima del 23 febbraio, sulla questione ucraina (e dintorni) Francesco interviene due volte nel giro di una settimana. Il 18 febbraio, davanti agli esponenti delle Chiese orientali, denuncia i “venti minacciosi che soffiano ancora sulle steppe dell’Europa Orientale, accendendo le micce e i fuochi delle armi e lasciando gelidi i cuori dei poveri e degli innocenti”. In quel contesto, ricorda la denuncia di Benedetto XV della I guerra mondiale come “inutile strage” e osserva amaramente: “Siamo attaccati alle guerre e questo è tragico. L’umanità, che si vanta di andare avanti nella scienza, nel pensiero, in tante cose belle, va indietro nel tessere la pace. E’ campione nel fare la guerra. E questo ci fa vergognare tutti”.

Com'è triste che i cristiani si facciano guerra
Domenica 20 febbraio, commentando il brano di Luca sull'amore verso i nemici, osserva che "la forza di amare è lo Spirito Santo, e con lo Spirito di Gesù possiamo rispondere al male con il bene, possiamo amare chi ci fa del male. Così fanno i cristiani. Com'è triste, quando persone e popoli fieri di essere cristiani vedono gli altri come nemici e pensano di farsi la guerra. E' molto triste!". Per il papa con le guerre siamo in contrasto con l' ecumenismo.

Il Dio della pace e la civiltà del diritto
Sempre il 23 febbraio, invoca una buona politica e una buona teologia. “Vorrei appellarmi a quanti hanno responsabilità politiche, perché facciano un serio esame di coscienza davanti a Dio, che è Dio della pace e non della guerra; che è Padre di tutti, non solo di qualcuno, che ci vuole fratelli e non nemici. Prego tutte le parti coinvolte perché si astengano da ogni azione che provochi ancora più sofferenza alle popolazioni, destabilizzando la convivenza tra le nazioni e screditando il diritto internazionale […]. Vorrei appellarmi a tutti, credenti e non credenti. Gesù ci ha insegnato che all'insensatezza diabolica della violenza si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno”.

Un ecumenismo disarmato e una geopolitica nonviolenta
Questi tre appelli lanciati in una settimana sono potenti e radicali. Contengono un richiamo alla pace come essenza della fede cristiana, Come cuore della testimonianza credente. Come espressione di un ecumenismo disarmato e disarmante. Quindi, come rifiuto di un'identità cristiana brandita come arma politica e militare. Come ripudio del nazionalismo religioso, presente in tante forme di suprematismo orientale e occidentale. Occorre allora recuperare il messaggio del 1 gennaio 2017 (“La nonviolenza: stile di una politica per la pace”), l’enciclica Fratelli tutti e il "Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune" (Abu Dhabi, 4 febbraio 2019).

 


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