Pochi giorni fa, durante l'incontro con settemila bambini e bambine di tutto il mondo che gli hanno posto molto domande, il Papa ha ripetuto almeno quattro volte, come monito solenne, una domanda postagli da Antranik, un ragazzo siriano:
"Perché uccidono i bambini?". Già. Perché uccidono i bambini? Ripetiamocela in tutta la sua nuda e cruda essenzialità. E' una domanda straziante e radicale che ci riempie di tristezza e ci spinge a schierarci da una parte sola: quella dei morti, dei feriti, delle famiglie israeliane e palestinesi, ucraine e russe. Quella delle vittime di ogni guerra.
Collego idealmente le parole del papa a una canzone di Fiorella Mannoia (Luce), che esprime quasi in forma di laica preghiera il senso della nostra responsabilità: "Non c'è figlio che non sia mio figlio/ né ferita di cui non sento il dolore/ non c'è terra che non sia la mia terra/ e non c'è vita che non meriti amore/ fa' che non sia soltanto mia questa "illusione"/ fa' che non sia follia credere ancora nelle persone/ prendi la tua strada e cerca le parole/ fa' che non si perda tutto questo amore". Che non si perda il nostro amore. Dobbiamo ancora scoprire la nostra umanità. Quella profonda. Quella inedita.