Nella consueta conferenza stampa del viaggio di ritorno dalla visita in Africa dei giorni scorsi, Papa Francesco ha avuto parole cristalline sullo stile della missione e non solo: “Ai missionari io dico di non fare proselitismo. Evangelizzare è testimonianza. E quella testimonianza – ha proseguito - provoca la domanda.

Ma tu perché vivi così? E lì spiego: per il Vangelo. L'annuncio viene dopo la testimonianza. Le proposte religiose che fanno proselitismo non sono cristiane”. Che bello! Se anche la politica, il sistema educativo, le stesse relazioni interpersonali e sociali, adottassero questo principio di coerenza, tutto sarebbe molto differente. Non resteremmo soggiogati dalla forza dialettica di uno, dall'eloquio di un altro, dalle lusinghe di un ruffiano o dalle balle di un banditore. E nemmeno dalla forza onesta delle idee quando sono esposte per rafforzare il consenso, per contarsi e ampliare “la propria base”, guarderemmo piuttosto alla vita, alla coerenza della vita. Perché è la vita, con le sue scelte e le sue fatiche, che parla in silenzio. È una regola generale che, se applicata scrupolosamente, costituirebbe un fattore di crescita dell'intera umanità. E ne abbiamo drammaticamente bisogno.


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