Per il tragico anniversario di oggi mi affido alle parole di Cecilia Strada riconoscendomi pienamente e sottoscrivendo ogni cosa.

Quando sono sbarcata dalla Mare Jonio a Lampedusa, a settembre, ho sentito il bisogno di andare al cimitero. Avevamo appena portato a termine il salvataggio di 98 uomini, donne e bambini e io ho sentito il bisogno di mettermi un po' in ginocchio davanti a quello che sarebbe successo ai "nostri" naufraghi, se non fossimo stati lì quel giorno, a quell'ora, in quel tratto di mare. L'altro finale possibile, per le loro storie, per le loro vite, sarebbe stato questo: una croce di legno di barca, senza un nome, e tua madre non saprà mai se ti hanno ritrovato, dove ti hanno sepolto. Oppure neanche quello, nemmeno una croce: per tomba avrebbero avuto solo le onde, e i pesci.

Oggi è l'anniversario della strage di Lampedusa.

È anche il primo compleanno di Mediterranea, che un anno fa salpava per la sua prima missione di soccorso: perché nessuno deve finire sotto una croce senza nome. Perché come in mare si muore, in mare si può e si deve salvare. Perché in mare salviamo anche noi stessi, ogni volta che salviamo qualcun altro. Buon lavoro, in mare e in terra, a tutti quelli che restano umani. E grazie. (Cecilia Sarti Strada)


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