Esattamente 75 anni fa, il 24 febbraio 1945, moriva Josef Mayr Nusser. Moriva in un vagone del carro bestiame diretto a Dachau.

Moriva perché si era rifiutato di giurare obbedienza a Hitler tra le SS che lo avevano arruolato. Moriva perché cristiano. Moriva in un tempo in cui le coscienze erano assopite e soggiogate. Moriva scrivendo che “l’impellenza di tale testimonianza è ormai ineluttabile; sono due mondi che si scontrano l’uno contro l’altro. I miei superiori hanno mostrato troppo chiaramente di rifiutare e odiare quanto per noi cattolici è sacro e irrinunciabile”. Moriva consapevole del fatto che il suo sacrificio, che lo allontanava definitivamente da sua moglie e da suo figlio Albert, non avrebbe cambiato il destino della storia ma rispondeva che “Se nessuno ha mai il coraggio di dire loro che non è d’accordo con le loro visioni nazionalsocialiste, allora non cambierà mai niente”. Moriva aprendoci gli occhi e spalancandoci il Vangelo. Moriva per ridestare le coscienze di ogni tempo a vigilare sulle degenerazioni ideologiche, sulla violenza dei fanatismi e sulle adesioni acritiche. E mi chiedo: “Moriva? Oppure è stato proprio quel coraggio a renderlo vivo ancora oggi?”.


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