Un virus è talmente piccolo che nemmeno lo vedi. Anzi, a dirla tutta, è proprio questa sua inconsistenza a renderlo tanto efficace nella sua capacità di contagio. Se si vedesse, tutto sarebbe più agevole.

Semplicemente lo eviteremmo. In questi giorni medito sul virus e penso a coloro che spendono tutta la vita a lustrare la propria visibilità. Vivono per quello. È successo, popolarità, fama, riconoscibilità e, a volte sotto il manto ipocrita della modestia, coltivano l'inconfessato desiderio d'essere riconosciuti per strada e nei locali pubblici e di fissare la propria immagine in qualche selfie. Hanno mani e piedi screpolati per quanto hanno provato ad arrampicarsi lungo la ripida parete della carriera magari usando amici e colleghi come sgabello e sacrificando affetti e sentimenti. I peggiori sono quelli che tendono a giustificare ogni cosa con valori alti e ad affermare che il loro è persino una sorta di sacrificio per il bene di tutti. Ne ho conosciuti anche in ambito religioso di quelli che, dopo un'ulcera di gelosia (o di invidia?) perché a un collega era stata riservata la copertina di un magazine o un incarico di prestigio, erano pronti a giurare che l'unico loro intento era la causa, il portare avanti sani principi e valori. E allora fatti virus!


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