Non è soltanto una finezza teologica ma una vera e propria prospettiva di fede, quella che fa dire a Papa Francesco quelle parole che convocano la Giornata di preghiera, digiuno e opere di carità per quest'oggi.

Parlando della finalità di questa giornata, letteralmente ha detto: "I credenti di tutte le religioni si uniscano spiritualmente in una giornata di preghiera e digiuno e opere di carità, per implorare Dio di aiutare l'umanità a superare la pandemia di coronavirus". A Dio non si chiede di intervenire con un atto dall'alto, con un miracolo che somigli a una magia. Ai credenti non si chiede di compiere un rito che sia vicino di casa della superstizione: si chiede piuttosto a Dio di "aiutare l'umanità a superare la pandemia". Si chiede a Dio di illuminare le menti di ricercatori e scienziati, di irrobustire le braccia stanche di infermiere, infermieri, operatori socio sanitari, medici e paramedici; di ispirare ai governanti le scelte più efficaci, di sostenere l'animo dei pazienti e dei loro familiari. E tutto questo in ogni angolo, anche il più nascosto, del mondo. Il digiuno, insieme alla preghiera, ci rende paradossalmente più forti perché ci apre gli occhi su ciò che è davvero importante, anzi vitale. E la solidarietà ci fa respirare con l'anima del mondo in cui nessuno è straniero. E siccome il virus non fa distinzioni di appartenenze religiose, almeno questo apprendiamolo e sentiamoci fratelli.


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