Sono passati sessant'anni dalla dichiarazione di indipendenza del Congo. Oggi si chiama Repubblica Democratica del Congo e in quella nazione il governo ha messo in piedi una serie di manifestazioni ed eventi per celebrare l'anniversario.

Ma è legittimo chiedersi se è davvero democratica quella Repubblica. Come è più che sensato pellegrinare nella fame dei villaggi del Congo con la lanterna dell'intelligenza o della storia, dell'economia o della politica per cercare il significato di indipendenza. Ci sarebbe da chiedersi: “Chi l'ha vista?”. In un Paese tanto ricco di materie prime e di risorse, di umanità e di civiltà, di etnie e di natura lussureggiante è “indipendenza” partecipare al voto per eleggere un presidente ma assistere impotenti e affamati allo sfruttamento di tutte le risorse da parte di multinazionali straniere? Qualcuno se lo chiede e Nigrizia, la rivista dei missionari comboniani, ha lanciato una “maratona” per diffondere l'immagine ufficiale delle celebrazioni dell'Anniversario aggiungendo: “Basta sfruttamento e corruzione; Basta silenzio su 8 milioni di morti; No alla balcanizzazione della R.D. Congo: è tempo di speranza”. E si sa, la conoscenza quanto meno dà una mano alla solidarietà e alla speranza.


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