Non mi riferisco ai post dei profili o degli account dei social network ma piuttosto a quelli che sembrano definire il tempo che viviamo.

Postumano e postmoderno, postdemocratico (soprattutto dopo l'attacco a Capitol Hill) e postindustriale, postcristiano e postcapitalista, postantropocene e postfemminismo. E sono altresì convinto che ciascuna di quelle definizioni sarebbe oggetto di lunghe discussioni con posizioni molto differenti al punto da rischiare una situazione postraumatica, ma l'unica cosa certa è l'incertezza. Un tempo segnato dal post, è un tempo che vaga nel buio perché ha abbastanza chiaro ciò che si lascia alle spalle ma non ha ancora un porto dove approdare e, forse, nemmeno una rotta e una bussola. Come sarebbe bello se invece decidessimo tutti, o almeno in tanti, di dare inizio al tempo del "pre" inteso come cammino verso una meta ben definita. E questo nostro tempo sarebbe trasformato in un'epoca prefraterna, preugualitaria, preecologica. Perché i cammini sono di per sé incerti e rischiosi ma quanto meno scommettono sulla scoperta di una terra nuova e di un futuro migliore. Come fosse una vita prenatale. Anche oggi non mi basta augurarmi un tempo postpandemico: preferirei una strada di prebenessere universale. Insomma si tratta di una conversione, dal post al pre. Proviamoci. 


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