Puntuale come un refrain, ogni volta che si alza il vento di una protesta popolare, il governo, il regime, il dittatore di turno accusano le folle di lasciarsi manovrare da forze straniere e da trame internazionali.
Lo dice Putin davanti alle proteste di piazza seguite all'arresto di Navalny. Sono le parole dei militari birmani quando sentono il rumore delle pentole e dei coperchi battuti dalle cittadine e dai cittadini coraggiosi di Rangoon. Lukashenko in Bielorussia ha detto queste cose sin dall'inizio delle proteste affollate del dopo voto. E adesso anche Modi, in India, davanti alla difesa della terra da parte degli agricoltori, dice che si tratta di una "congiura internazionale di chi critica l'India" e, come se non bastasse, fa riferimento a una "ideologia straniera distruttiva". Anche in Egitto e in Turchia succede più o meno la stessa cosa e - potete scommetterci - lo ripetono tutti coloro che dal vertice della piramide di un Paese sentono messo in serio pericolo la propria stabilità e soprattutto i propri interessi. Ecco, per quel che mi riguarda, quando ascolto un presidente fare riferimento a una presunta congiura orchestrata da forze straniere avverse, comincio a pensare che quell'esperienza di privazione della libertà è arrivata al capolinea e che un nuovo mattino attende quella terra e quella gente.