Abbiamo vissuto questo tempo di Quaresima e, in particolare la Settimana santa, avendo come tema centrale e figura guida quella del seme.

Ci siamo lasciati interrogare dalla scuola del seme. È stato molto bello che alla lettera di auguri pasquali nel nome del seme, un amico abbia risposto scrivendo: "Se tutti i semi fiorissero, sarebbe una bella foresta!". E allora il primo augurio di Pasqua che sento di fare e che ci facciamo reciprocamente è che ci sia una foresta, non di auspici e sentimenti, ma che veda concretamente la luce, dia respiro al mondo inquinato, prepari un mondo nuovo. E poi l'altra esperienza importante del seme che andavo considerando è che il seme per fiorire non deve marcire ma morire. Sono due cose molto diverse tra loro. Il marcire è la condanna all'inutilità assoluta del seme che non è destinato a dare frutto. Il morire invece genera vita nuova: un germoglio, un filo d'erba, una vita, fragile, ma una vita. Ricordo che in qualche esperienza delle tante marce per la pace fatte in giro per l'Italia, qualcuno mi suggeriva: "Marciare per non marcire!". E allora il secondo augurio di Pasqua è di "marciare per non marcire". Lasciamoci alle spalle i sepolcri, i terreni duri, le zolle aride e silenziose, fredde e buie. Apriamoci finalmente alla vita marciando, camminando. La Pasqua come cammino. E un cammino vero che sento di augurare a tutti, a cominciare da me stesso, è quello del servizio. Don Tonino direbbe "del grembiule". Metterci al servizio gli uni degli altri e, tutti insieme, al servizio del progetto, del sogno di Dio per l'umanità. È questa la Pasqua che si realizza. Quella in cui il sogno di Dio trova dei collaboratori, dei generatori, dei creatori creativi che possano concorrere a generare speranza e vita nuova. Auguri. Christos anesti! Alithos anesti! Cristo è risorto! È veramente risorto!