Nel solo mese di marzo sono state 170.000 le persone bloccate dalla polizia di frontiera mentre tentavano di passare dal Messico agli Usa.
Oltre che dallo stesso Messico, arrivano da Guatemala, Honduras ed El Salvador. Alle loro spalle ci sono le violenze dei narcotrafficanti, la povertà estrema e gli effetti dei disastri naturali sempre più frequenti come gli uragani "Eta" e "Iota" del novembre scorso. Fino all'elezione di Biden, il Migrant protection protocols imponeva di restare in Messico nel tempo in cui le autorità statunitensi valutavano le richieste d'asilo. A volte si arrivava ad attendere anche due anni. In quella che viene considerata emigrazione clandestina i rischi sono tantissimi, fino morire per mano della polizia o dei trafficanti di uomini, in un deserto che, come il Mediterraneo, non restituisce nemmeno la dignità di un nome. La gente migrante ripete: i rischi del restare sono superiori a quelli del partire. Intanto si attende che Biden tenga fede a quanto promesso durante la campagna elettorale di aumentare dai 15.000 (amministrazione Trump) a 62.500 la quota annua di rifugiati da accogliere. Il presidente ha annunziato di aver dovuto rimandare ogni decisione al 15 maggio causa emergenza pandemia. E intanto il problema più importante continua a essere quello dei minori non accompagnati.