Gv 15,1-8
¹«Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. ²Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.
³Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. ⁴Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. ⁵Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. ⁶Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. ⁷Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. ⁸In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
Mosaico della Domenica
Interessante e bello che Gesù abbia scelto proprio la vite per questa metafora. Un amico prete-contadino mi dice che era naturale dal momento che in tutto il bacino del Mediterraneo forse non c'è altra coltura (e cultura) come quella della vite che richieda tempo, pazienza, rischio. E nello stesso tempo passione, tenerezza, dedizione, cura. Tutte le altre coltivazioni hanno bisogno di potature ma solo della vite si dice che arriva a piangere. Ma la cura della vite non prevede solo la potatura, ma anche spampinare, calare l'uva e, ancora di più, l'attenzione nell'innesto. Tutto sta a indicare competenza, passione, dedizione, cura, tenerezza. Se solo noi riuscissimo ad accogliere il modello di un Dio che non ci abbandona, non ci lascia soli ma, al contrario, è accanto a noi, attraverso il Figlio che è la vite. A noi viene chiesto di "rimanere" in lui come tralci, che vuol dire lasciare che la linfa passi attraverso i tralci per irrorare finalmente i germogli che diventeranno uva e che rallegreranno il cuore con il frutto che è il vino. "Sono forse io il custode di mio fratello?" risponderà Caino a Dio che gli chiede conto del fratello. Noi oggi scopriamo di essere chiamati ad essere custodi dei nostri fratelli, reciprocamente custodi gli uni degli altri. Fratelli tutti. Con dedizione, con passione, con competenza dovremmo sempre prenderci cura gli uni degli altri. Nello stesso tempo, sin dai primi passi della Parola che ci viene proposta, Dio consegna la terra all'uomo e alla donna perché "la coltivino e la custodiscano". Una casa comune che ha bisogno di essere coltivata e custodita con la stessa competenza, dedizione, passione, tenerezza con cui un agricoltore si prende cura della vite. Che questa immagine di un Cristo-vite e noi tralci, possa alimentare una vita nuova, il sogno di un mondo nuovo in cui ci si prenda cura gli uni degli altri e, insieme, della terra. Ogni volta che si realizza questo, è Pasqua, vita nuova, una vita che risorge nelle persone, nell'umanità e nella terra.