(di Evelina Santangelo, in "L'Espresso" del 27 giugno 2021)
Ho l'impressione che in questo tempo in cui si torna agli aperitivi, cioè a uno stare insieme breve e poco impegnativo, all'ostentazione ancora più ostinata di una giovinezza dei corpi che si desidera inscalfibile dagli anni,
in questo tempo di relazioni che non contemplano responsabilità, nemmeno quella che ha a che vedere con la durata, in questo tempo che vuole essere spensierato, disimpegnato, single, cioè libero ma di quella libertà fatta di poco, di desideri volatili, istantanei, individualistici, una libertà che cerca solo specchi in cui riflettersi e basta... credo che in un tempo così, la vera trasgressività, la vera anomalia, il vero esercizio della libertà stia in ogni gesto che dura, cioè che sa misurarsi con il tempo, in ogni scelta che ha un costo, che è assunzione di responsabilità, per sé e per gli altri. La vera trasgressività credo stia in ogni forma di libertà che comporti la fatica della condivisione e del confronto. Una libertà che rifiuta quella singolarità che comincia e finisce con l'angusto orizzonte di se stessi e i propri ristretti bisogni e desideri. Una libertà generosa. Ho l'impressione insomma che in questo tempo in cui si torna agli aperitivi, all'euforia del rivedersi, al vigore dei corpi, avremmo bisogno di sederci magari davanti a un bicchiere di vino uno di fronte all'altro, riuscendo a sostenere l'uno lo sguardo dell'altro tutto il tempo necessario per ritrovarsi: ritrovare se stessi, quel che intanto siamo diventati, e ritrovare l'altro, che non è, e non dev'essere, lo specchio rassicurante in cui ci riflettiamo.