Don Andrea Gallo mi piace ricordarlo nel giorno della sua nascita piuttosto che in quello della sua morte. Ieri ricorreva il suo compleanno (18 Luglio 1928).

Quando penso a lui non posso fare a meno di pensare contemporaneamente a Genova e ai suoi caruggi. E poi la mente sembra "allargarsi" alla sua comunità di San Benedetto al porto, alla sua gente, al suo saper stare in mezzo alla gente e ai suoi problemi di ogni giorno. Penso alla franchezza, senza peli sulla lingua, della sua parola che lasciava sempre il solco nell'anima dell'altro come un aratro. Poi era sempre pronto a soffiare sopra alle ferite un respiro di sigaro. In questi giorni Genova mi rinnova altre ferite. C'ero. Ma non riesco a parlarne. Avevamo il cuore carico di speranza verso un mondo ferito da un sistema economico concentrato sulla ricchezza di pochi, inquinato da un modello di sviluppo che non riconosceva nemmeno l'aria, l'acqua e la terra, dalla politica prigioniera di una Zona rossa. Si discuteva e si produceva pensiero nelle piazze tematiche, nei dibattiti e nell'ascolto delle vittime. Poi, proprio nei giorni in cui si ricordava lo strazio di Via D'Amelio, qualcuno pensò di ustionare le piazze e le strade col fuoco della violenza. E don Andrea tirava dritto per la sua strada senza mollare. Lasciando dietro a sé una scia di sigaro.


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