Se i confini sono un'offesa alla libertà quando proteggono privilegi e discriminano, impediscono l'ingresso, gli abbracci e la crescita dei popoli, diventano una benedizione quando indicano un limite da non superare per il bene di tutti,

una condizione essenziale, il peso non più sopportabile, un avviso per non precipitare nel baratro. Il senso del limite è una scialuppa di salvataggio inserita naturalmente nella nostra testa. Ignorarla è condannarsi all'autodistruzione personale e collettiva. Basterebbe questa considerazione antropologica, filosofica, sociologica, psicologica e politica per richiamare l'attenzione dei grandi della terra alle proprie responsabilità. Il pianeta ha superato il limite da tempo e non riesce più a sostenere il peso di uno sviluppo sfrenato che non rispetta la vita in tutte le sue forme. La scienza e la tecnologia non possono prevedere che una bottiglia da litro si riempia oltre la sua capienza, né che una bicicletta trasporti il peso di una tonnellata o che una persona resti in vita se le si impedisce di respirare per un quarto d'ora (ma anche per cinque minuti). È il senso del limite che ci mette in salvo. Non è così difficile da capire. Eppure a Glasgow fanno fatica a riconoscere che il senso del limite è diventato questione di sopravvivenza. Per ogni essere vivente. 


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