Quella del 4 novembre più che una festa in onore dei caduti in guerra, ha il sapore di un'offesa. Non c'è nulla da festeggiare quando qualcuno muore.
È sempre una sconfitta. Soprattutto se non ha scelto di sacrificare la propria vita ma vi è stato costretto dalle leggi dell'epoca. Chiedetelo a quei morti se avrebbero scelto liberamente di combattere e sacrificare la propria giovinezza! Leggo nel sito dell'Esercito italiano che oggi è la festa di tutti coloro che continuano a mettere a repentaglio la propria vita per garantire la sicurezza degli italiani e penso a chi, nei giorni più bui della crisi pandemica, hanno operato nelle Rsa e negli ospedali, penso a un amico medico in pensione che volontariamente ritornò in servizio e venne ucciso dal virus. Penso a tutti questi e ad altri ancora. A giornalisti, magistrati, poliziotti, preti e cittadini inconsapevoli uccisi dalle mafie. Da tutti questi mi sono sentito davvero garantito e protetto. Penso che nelle guerre di ultima generazione buona parte delle armi, soprattutto quelle nucleari, sono pensate e utilizzate per colpire la popolazione civile. Penso a una retorica senza fondo che narra con enfasi della conquista di Trento e Trieste che avremmo potuto ottenere senza sparare un solo colpo, diceva don Milani. Condoglianze e non auguri dovremmo dire oggi. Senza parate e senza sventolii di bandiere, se non a mezz'asta.