Quante volte ci siamo lamentati (e continuiamo a farlo) per le falle del nostro sistema democratico o per la fiacca legislativa su torture e violenze o per gli spazi di libertà che a volte sembrano ridursi.
Poi penso al giovane Patrick Zaki e mi dico che se riuscisse ad arrivare in Italia, sarebbe definitivamente al sicuro. E lui è solo il nome noto rispetto alla folla dei richiedenti asilo che scappano da violenze e sottrazione di diritti. Mi direte che è una semplificazione perché non dobbiamo mettere a confronto sistemi democratici e regimi totalitari ma dovremmo piuttosto essere capaci di guardare avanti e puntare al miglioramento delle condizioni in cui si svolge la vita di ciascun cittadino e ciascuna cittadina. Resta il fatto che oggi, sarà per l'atmosfera natalizia che filtra anche attraverso le tapparelle più serrate o perché condizionato dal giudizio del Times, a me non dispiace di vivere in Italia. Più che patriota mi sento cittadino del mondo ma, siccome ho un corpo, devo pure posarlo da qualche parte e pertanto accolgo l'invito, che mi è stato fatto alla nascita, di stare qui. Dopo le dichiarazioni della leader della destra sono andato a riascoltarmi una canzone di Giorgio Gaber, "Io non mi sento italiano" che prosegue nel refrain: "Ma per fortuna o purtroppo lo sono". A me – ripeto – francamente non dispiace affatto.