All'inizio pensavo si trattasse di una battuta circolata ad opera dei soliti noti su Twitter ma poi, considerato anche che non poteva trattarsi di un pesce d'Aprile, ho verificato la fondatezza della notizia.

Per commemorare suo padre Kim Jong-II, il dittatore nordcoreano Kim Jong-un ha decretato che per undici giorni è vietato ridere. Si tratta di un lutto nazionale che prevede di non lasciarsi andare a manifestazioni di gioia. Se anche un compleanno cadesse in questi giorni, non si deve festeggiare. E non si tratta di una dato culturale ma piuttosto della volontà di potenza che arriva a voler controllare anche i sentimenti e le emozioni. Perché, da sempre, sentimenti ed emozioni fanno paura ai potenti. Una risata non è offensiva, è eversiva. E allora è proprio vero che l'umorismo è una scialuppa di salvataggio anche nelle situazioni di maggiore oppressione. Per questo sono nati i carnevali, le pasquinate, la satira. A Napoli si dice: "Cummannà è meglio ca' fottere, ma sfottere è meglio e' cummannà" (comandare è meglio che praticare il sesso, ma sbeffeggiare è meglio che comandare). In questo momento – ne sono certo – ci saranno centinaia di nordcoerani che, in uno scantinato nascosto ai servizi segreti o in cuor loro, stanno ridendo di Kim Jong-un e delle sue paure.