Le aggressioni del branco della notte di Capodanno a Milano contro alcune ragazze, mostrano un catalogo di negatività che occorrerebbe analizzare e interpretare.

Quel branco non è atterrato in Piazza Duomo da un altro pianeta ma è espressione della nostra comunità. Nelle azioni compiute c'è una certa concezione della donna, una relazione con la violenza, il modo di intenderla e di adoperarla più o meno consapevolmente e riconoscendola come una delle vie possibili persino per "divertirsi". In quella baldoria si nasconde la giustificazione, apparente e fatua, che sia possibile indossare il mantello dell'invisibilità o dell'innocenza individuale fornito dal gruppo. In quella piazza alcuni – chissà come, chissà perché – si sono sentiti protetti da un codice di impunità diffuso. Figli della noia o frutti marci della cultura dell'eccesso o orfani di un'educazione sentimentale sostituita dalle declinazioni della pornografia, si staranno ora meravigliando del clamore sollevato dalle loro "gesta". L'azione degenere del branco di Capodanno ci interpella e ci provoca tutti, intanto a dire la nostra solidarietà a quelle ragazze, poi a condannare senza attenuanti quelle violenze e, soprattutto, a impegnarci in un compito educativo sulla grammatica delle relazioni e del rispetto, della dignità delle donne e del corpo.