E da oggi Luca Attanasio, Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo ritornano risucchiati nella muta spirale del silenzio, una coltre a-mediatica che ricopre i luoghi della memoria del giorno prima.

E ieri, soprattutto dell'ambasciatore, si è parlato tanto con parole autorevoli, con manifestazioni sportive, celebrazioni anniversarie, servizi giornalistici. Sullo sfondo afono e sbiadito restava il Congo, un Paese senza volto e senza grido che è grande quasi otto volte il nostro e una popolazione una volta e mezza maggiore. Possibile che l'anniversario non costituisse almeno il pretesto per dire della condizione di milioni di persone e del perché succede ogni giorno ciò di cui ci siamo accorti per un coinvolgimento di bandiera? Possibile che non si dica che – come una bestemmia - la guerra in quei luoghi è pane quotidiano? E non si comprenda che se hanno fatto così verso chi sembrava garantito e protetto da status diplomatico, da auto e scorta, non riusciamo a immaginare la sorte dei poveri dei villaggi poveri, che muoiono in silenzio? Attanasio si è trovato nel luogo in cui doveva trovarsi perché ci credeva e di fronte agli appetiti di potenze economiche in combutta con le mafie locali non si è voltato dall'altra parte. Possibile non si riesca ad andare a fondo per capire le ragioni dell'accanimento violento su quelle terre e a voltare pagina? Questa è la celebrazione vera che Luca, Vittorio e Mustapha ci chiedono.


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