Boicottaggio, sabotaggio, solidarietà internazionale, dissenso interno allo Stato aggressore, disobbedienza civile, non collaborazione, presenze internazionali autorevoli nei luoghi di guerra, corpi di interposizione, forza di polizia internazionale indipendente a presidio dei confini e a protezione della popolazione, e poi ancora dialogo, dialogo e dialogo.

Sono solo alcune delle azioni che è possibile mettere in atto "invece di" o "prima di" scegliere la strada di rispondere con la forza all'uso della forza, ovvero infliggendo la morte a chi vuole uccidere. In tutti gli autorevoli commenti e nelle sottili argomentazioni che passano in questi giorni a favore della decisione europea di armare meglio e di più l'esercito (o la popolazione?) ucraina c'è il difetto di ragionamento che l'alternativa sia solo la sottomissione volontaria, subire passivamente. Certo, inviare armi piuttosto che mettersi in viaggio controcorrente da tutti i Paesi d'Europa per invadere pacificamente l'Ucraina e mettere in crisi l'apparato bellico russo è molto più rischioso che inviare armi. Certo, convocare un Consiglio dei ministri europei a Kiev come ha proposto Michele Serra, è molto più impegnativo che rilasciare dichiarazioni, scrivere appelli e telefonare ai presidenti di Russia e Ucraina, ma forse spariglia le carte e interrompe la spirale di morte innescata dal delirio distruttivo di Putin. E se ci provassimo?


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