Quando la politica diventa un gioco da tavolo in cui individuare bene la mossa da fare, la pedina da muovere, la carta da gettare sul tavolo, smette i suoi abiti del servizio e veste quelli del potere per il potere.

È ricerca del consenso che fa fare giravolte e capriole in cui è possibile affermare tutto il contrario di quel che si è detto fino al giorno prima e di giustificare l'ingiustificabile. È la politica che insegue i sondaggi di opinione invece di tentare di convincere sulle proprie idee. Forse, quando si parla di populismo, ci si riferisce anche a questo. Da parte di chi in tutti questi anni ha presentato Putin come un modello si statista, lo ha frequentato, ha stretto patti e ne ha coltivato l'amicizia con tanto di scambio di regali o prebende, sarebbe decoroso starsene in silenzio e aspettare che la tormenta passi. Sarebbe in verità più onesto dire che ci si è sbagliati o quantomeno che quelle valutazioni erano figlie di un condizionamento storico. È insopportabile invece l'atteggiamento di chi sfodera una spocchia arrogante pensando di uscire sempre dalla parte presuntamente giusta della storia. Talvolta, come è successo ieri al leader della Lega, si rimane schiacciati da se stessi e la lezione del sindaco altrettanto populista della città polacca di Przemysl, a pochi chilometri dal confine ucraino, né è stata la prova regina. La politica non è una partita di briscola ma un servizio da rendere con intelligenza e cuore alla comunità cui si appartiene pensando al mondo intero.


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