C'era un grandissimo bandierone arcobaleno ad aprire il corteo contro le mafie che ieri ha attraversato il centro di Napoli per la Giornata nazionale della memoria delle vittime di mafie e dell'impegno.
Un arcobaleno di speranza e di lotta perché non dice di un altro fronte rispetto a quello per la legalità ma piuttosto dell'unico obiettivo comune. Se c'è la guerra delle mafie, c'è anche la mafia delle guerre. Quella voluta dalle fabbriche e dai commercianti di armi, dai potenti e dalle mafie dell'economia. La mafia non è un'organizzazione criminale ma un metodo, una mentalità, un paradigma di scelte. E c'è anche una violenza culturale. "La violenza culturale è la più difficile da sconfiggere" ha detto don Ciotti "perché penetra in profondità nel tessuto sociale e nei modi d'essere delle persone. La violenza culturale è l'omertà che uccide la verità e la speranza. È la mafiosità, la tendenza a depenalizzare i reati della propria coscienza. C'è un conflitto che va sostenuto e auspicato. Sono i conflitti delle nostre coscienze. Con la propria coscienza è bene sempre dialogare, una coscienza pacificata è spesso inerte. Vi auguro il conflitto delle coscienze, deve accompagnarci sempre. Ci sono troppi professionisti della lamentela. Le guerre, le mafie e le ingiustizie sono frutti malati di coscienze assopite, addomesticate, a volte anche manipolate. Una coscienza vigile, inquieta, ricercatrice di verità e giustizia non si piegherà mai alla logica delle armi e del sopruso".