C'è stato un tempo in cui per i leader europei (e non  solo) andare a parlare con Putin rappresentava una sorta di status symbol. Ci sono andati praticamente tutti, o quasi.

Molto spesso ci si andava per sottrarsi alle critiche dell'opposizione nella propria nazione e perché non si potesse accusare quel governo di inoperosità. Alcuni l'hanno fatto con maggiore solerzia e altri con molta visibilità, alcuni – ma non spetta a noi giudicare – credendo fino in fondo a qualche apertura da parte del leader del Cremlino e qualcun altro per dimostrare comunque un'attenzione verso la crisi russo-ucraina. Apprendiamo ora che solo Papa Francesco non ha ricevuto risposta ed è legittimo chiedersi perché. Forse l'autorevolezza e la credibilità dell'interlocutore Papa è tale che non ci si può limitare a sedere attorno a un tavolo chilometrico per recitare una parte inconcludente? Oppure Putin teme l'imprevedibilità di un Papa che già altre volte si è chinato a baciare i piedi ad altri contendenti o ha rilasciato dichiarazioni senza il filtro della diplomazia? La resistenza di Mosca a quella proposta di incontro potrebbe essere letta già di per sé come un successo da scacchiera se non fosse che l'unico punto di osservazione che ci riguarda è quello delle vittime. Al loro grido di dolore, il Cremlino sembra essere indifferente o, peggio, se ne serve per raggiungere una vittoria militare. Dall'altra parte invece si continua a bussare a quella porta per sperare nella pace. Quella vera e non quella dei cimiteri.


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