Mi chiedo se la scuola parentale, pur legittima e percorribile e che va prendendo piede nel nostro Paese, non sia la negazione di quell'intuizione dei padri della Costituzione che faceva della scuola pubblica una palestra di pluralismo, una pratica per imparare l'arte della relazione, la possibilità di uscire dal bozzolo familiare per prendere il largo e confrontarsi con la vita.
La scuola parentale non c'entra proprio nulla con la proposta di don Milani e viene utilizzata soprattutto da famiglie che si organizzano per garantire un'altra istruzione per i propri figli. Sono quelli che non hanno condiviso le decisioni del governo in tema di didattica a distanza, mascherine e vaccinazioni oppure coloro che vogliono difendersi da una scuola pubblica che ritengono impartisca un'istruzione contraria alle proprie convinzioni religiose. Tra questi si distinguono coloro che agitano lo spettro dell'educazione secondo la "teoria gender" e scelgono di barricare i propri figli in una scuola tutta loro. La scuola parentale è soprattutto una cosa da ricchi che riprende l'esperienza dei maestri delle corti del passato. La scuola parentale è il sintomo preoccupante di una società che tende a frammentarsi settariamente in difesa, a barricarsi piuttosto che a incontrarsi. È l'ennesimo segnale di un individualismo di fuga e solitudine cui si prestano anche oratori e parrocchie che offrono i propri spazi per ospitare questo genere di esperienze. Ma che tristezza!