Quando si fa riferimento ai risultati di un'esperienza si adotta lo stesso termine che indica la contabilità di un'azienda e si parla di bilancio. Nel caso della presenza della Carovana di Stop the war a Odessa e Mykolaiv niente di più fuorviante che parlare di bilancio.

Non si possono contabilizzare incontri, sentimenti, emozioni, volti, passi, sguardi. Persino le parole, accennate e condivise, dicono solo una parte delle cose. Mykolaiv in particolare è considerata zona interdetta a presenze esterne perché attraversata dalla violenza di una distruzione insensata che non risparmia né persone né edifici. Mykolaiv sembra una condanna cui è obbligato solo chi è costretto a convivere con quella paura quotidiana. Per questo Maxim che è il deputato comunale che organizza una parte della distribuzione degli aiuti alla popolazione, nel lungo dialogo con i partecipanti alla Carovana di Stop the war, sottolinea: "Per fortuna arrivano tanti aiuti da tante nazioni europee ma questa è la prima volta che qualcuno li consegna personalmente. E non è la stessa cosa". E sì, perché se a Mykolaiv non vai di persona non puoi capire cosa significhi sopravvivere in una città che non ha più acqua nelle condutture dal momento che i russi le hanno bombardate e non avere più vetri alle finestre perché l'onda d'urto delle esplosioni le manda in frantumi. Il resto sono mani da stringere e sguardi da incrociare come esubero fuori bilancio.