C'è da riflettere molto sul serio su quella scelta, introdotta in Ungheria e proposta in Italia, di far ascoltare alle madri il battito del cuore dei feti prima di procedere all'interruzione di gravidanza. Al di là delle ragioni e delle intenzioni con cui tale pratica viene introdotta, indubbiamente è di grande impatto.
Se per alcuni è discutibile e quanto meno di cattivo gusto, per altri è il ritmo (cardiaco) che riconduce alla realtà o che interroga emozionalmente le coscienze. Ciò che mi stupisce è che a proporre questa modalità siano le stesse forze sovraniste e nazionaliste, patriottiche e asfittiche che non riescono a sentire il battito di bambine, bambini (e adulti) che attraversano il deserto, i lager libici e il Mediterraneo spinti dalla disperazione o che percorrono la via balcanica col peso di atroci sofferenze scappando dal battito necrofilo dei cannoni. Forse per i battiti di quei bambini non esiste un'ecografia della coscienza a far gridare la vita e a scandirne ritmicamente la sete di sopravvivenza. Vite abortite dalla sete di guadagno di chi vende armi, di chi cerca potere, di chi insegue profitti sempre più alti e non si cura dei battiti del cuore delle vittime.