"Ci hanno detto che l'invio delle armi all'Ucraina era necessario per 'permettere agli ucraini di resistere all'avanzata russa e arrivare prima al tavolo dei negoziati'.

Poi ci hanno detto che bisognava continuare a fornire armi più sofisticate, perché in questo modo la pace si sarebbe fatta più vicina". Comincia così un comunicato di Emergency circolato in queste ore e che sottoscriverei dalla prima all'ultima parola. Il macabro bilancio dei 7 mesi di fratricidio è impietosa: oltre 15mila civili tra morti e feriti e oltre un terzo della popolazione Ucraina sfollata, esule, migrante. Il risultato è anche lo sdoganamento ufficiale dell'uso delle armi nucleari. Nell'ipocrisia del linguaggio a cui la guerra ci ha abituato (danni collaterali, guerra umanitaria, missione di pace…) abbiamo aggraziato la cosa parlando di "armi nucleari tattiche" quasi a immaginare che queste ultime sparino a salve o che la morte e i danni a causa di armi "tattiche" sia meno atroce. La verità è che siamo sull'orlo del baratro come mai si è verificato nella storia dell'umanità. E a sentire Zelensky ogni porta di negoziato è chiusa. Per questo è proprio ora che l'Europa deve operare uno scatto di dignità, chiedere che il fuoco sia cessato e non alimentarlo e pretendere un tavolo allargato di negoziato. Quanto più la guerra prosegue col suo carico di vittime, distruzioni e sofferenze, tanto più si comprendono (e si rafforzano) le ragioni della nonviolenza.


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