I poeti non muoiono mai. Anche quelli che qualcuno vorrebbe cancellare definitivamente dalla storia e dalla memoria estinguendone il respiro, la parola e l'ombra.

Anche quelli che per farli uscire dalla storia hai dovuto scaraventare giù dalla finestra del pensiero borghese e dell'edificio delle tue rassicuranti ipocrisie. Oggi ricorre l'anniversario (47) della brutale uccisione di Pier Paolo Pasolini. Da quella notte il mondo è più povero. Anzi è mendicante di un pensiero controvento, di una parola che non sia abusata e stuprata, di un pensiero scontato. Ecco, Pasolini è esattamente il contrario del pensiero scontato. Nel duplice significato del verbo: mai a basso costo e nuovo, come fresco, mai già visto, sentito, valutato. Amava sorprendere e barare sulle convenzioni, quel poeta. Ma anche con le immagini di un film, con un testo teatrale, con un editoriale. Mai solo parole. Per questo i poeti non muoiono mai. Sono in un paradiso tutto loro. Trascinati da carri di versi e di danza. Con gli occhi arguti e la voce in festa. Con l'affanno gioioso di chi taglia il traguardo e la speranza stretta all'anima per il mondo migliore. I versi dei poeti non sono nei libri, sono nel vento. I poeti non muoiono mai.


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