Il 15 dicembre di cinquant'anni fa (1972) veniva firmata, ovvero promulgata, la legge (772) che riconosceva il diritto all'obiezione di coscienza di coloro che si rifiutavano di prestare il servizio militare.
Motivazioni filosofiche o religiose, comunque di coscienza. Non si trattava del riconoscimento puro e semplice dell'esercizio di un diritto quanto piuttosto dell'affermazione di un principio fondamentale che consisteva nell'identificazione del primato della coscienza rispetto a un obbligo imposto dalla legge. L'obiezione alla legge diventava anch'essa legge! Si poteva dire di no. Si riconosceva che la difesa della patria non avveniva solo con le armi ma anche con la penna, con la vanga e con un servizio alla comunità. Ancora meglio quando quella comunità portava gli occhi e il nome di persone in carne ed ossa. Quella dell'obiezione di coscienza in Italia è una bella storia. Per questa ragione oggi il pensiero e il sostegno vanno a Vitaliy Alekseienko, l'obiettore di coscienza ucraino condannato in primo grado a un anno di carcere per il reato di "elusione del servizio militare durante la mobilitazione" e a tutti gli obiettori ucraini e russi. E chiedere il riconoscimento dello status di rifugiati politici a obiettori, renitenti alla leva e disertori nel conflitto russo-ucraino.