Alla fine se ne desume che quello del calcio e del tifo è solo un pretesto per dare sfogo alla violenza accovacciata dentro di sé.

Una sfida che aumenta l'adrenalina e ti fa sudare le mani. Una cosa di cui poterti vantare per il resto della settimana o – chissà per quanti anni – nelle discussioni animate al bar dove vince chi la spara più grossa. Ma il tifo non c'entra proprio nulla. Non è una rissa scoppiata per un rigore assegnato all'ultimo minuto alla squadra avversaria e nemmeno un fuorigioco millimetrico che ha negato un goal "nostro". Anzi è proprio un fuorigioco. Il gioco non c'entra affatto. E non è nemmeno l'unità di misura di quel che avviene. No. Qui si pianifica lo scontro chiedendo alla violenza di essere l'unica cifra dell'evento. Sono romanisti e napoletani come potrebbero essere di Tor Pignattara e della Marranella o quelli del Liceo Tasso contro quelli del Giulio Cesare, quelli con i capelli neri e quelli castani. Per questo è fuorviante – e per certi versi persino nobilitante – definirli tifosi. Non è per tifo che si scontrano ma per atavico celodurismo, perché abitati dalla noia che si vince con l'impresa fuori dalle regole, o solo perché la stupidità ha bisogno dei suoi riti e delle sue celebrazioni. E talvolta anche dei suoi sacrifici. 


Mosaico di pace, rivista promossa da Pax Christi Italia e fondata da don Tonino Bello, si mantiene in vita solo grazie agli abbonamenti e alle donazioni.
Se non sei abbonato, ti invitiamo a valutare una delle nostre proposte:
https://www.mosaicodipace.it/index.php/abbonamenti
e, in ogni caso, ogni piccola donazione è un respiro in più per il nostro lavoro:
https://www.mosaicodipace.it/index.php/altri-acquisti-e-donazioni