Di ritorno dalla missione di pace in Ucraina con la Quinta Carovana Stop the war now, mi ritrovo a commentare che si sia realizzato un segmento, piccolo ma significativo, di quella "diplomazia dal basso" che tante volte è stata sperimentata nella storia dell'umanità.
Il punto più alto di quel percorso trova casa in un'anima grande come quella di Giorgio La Pira. A quella non sono estranee tante altre esperienze che non hanno sempre avuto (o scelto) il clamore della cronaca e il dovuto riconoscimento. D'altra parte si sa che la riservatezza e la discrezione sono il sale della riuscita di tali operazioni. Ma mi chiedo: perché quell'attività diplomatica è detta "dal basso"? Se non si tratta di un giudizio di valore che pone la diplomazia vera, seria ed efficace, nell'alto e quell'altra nel basso, dovrebbe indicare il vertice nella diplomazia che si svolge sul livello dei poteri dei governi e l'altra su quello dei popoli, della società civile, delle città. Oppure è dal basso perché si svolge tra le persone in carne ed ossa e non semplicemente tra i suoi rappresentanti. In questo caso contempla anche le vittime e, pertanto, mi sembra tutt'altro che dal basso. Al contrario, secondo un parametro che non sfugge a nessuno, il punto di osservazione delle vittime, di cittadini e cittadine che subiscono una guerra che non hanno scelto, è di gran lunga superiore a quella di governi che seguono contemporaneamente la via delle armi che causa morte, distruzioni e sofferenze. Ma se è così, la diplomazia dal basso è quella dall'alto e viceversa. E allora sono proprio contento di essere parte di un popolo della pace che pratica la diplomazia più alta.