Nei giorni di Odessa e Mykolaiv abbiamo compreso che non si può misurare il sorriso che un bambino ci ha donato o la lacrima di felicità strappata a una donna anziana.
Tutto questo è patrimonio che custodiamo negli occhi e nel cuore. È per questo che insieme dobbiamo sognare e progettare strade nuove di cui le Carovane della pace sono solo la prua. E sarà possibile solo se ci mettiamo la vita. Le diversità che abbiamo rappresentato in questa azione sono una ricchezza che, senza presunzione, rappresentano la vera cosa nuova che è germogliata da un anno a questa parte. Chi non se ne è accorto è più povero. Noi siamo consapevoli d'essere andati a mendicare vita in una situazione di morte. Sia detto con un sussurro in questo Giovedì santo in cui il pane si spezza e si condivide. Con tutti. Con santi e traditori. È quel pane spezzato ad aprire uno spiraglio nei muri compatti degli egoismi e delle illusioni, della ricerca dei privilegi e dell'orgoglio che ora appare come pane raffermo. Perché anche la cena dell'Esodo viene consumata "con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano e in fretta. È la Pasqua del Signore!".