Oggi in Etiopia è festa nazionale. È la festa dell'indipendenza dell'Etiopia dall'Italia.
Si fa coincidere con il giorno in cui, nel 1941, Hailè Selassiè, ultimo imperatore e negus neghesti, ritornò nel suo Paese dopo il lungo esilio dovuto all'occupazione coloniale italiana. Curiosamente si tratta della stessa data in cui nel 1936 il Maresciallo Badoglio scriveva il famoso biglietto a Benito Mussolini: "Alle ore 16, alla testa delle truppe vittoriose siamo entrati in Addis Abeba". Il Duce dal balcone di piazza Venezia a Roma annunciava "al popolo italiano e al mondo che la pace" era ristabilita "dopo sette mesi di aspre ostilità" e che "col gladio di Roma è la civiltà che trionfa sulla barbarie, la giustizia che trionfa sull'arbitrio crudele, la redenzione dei miseri che trionfa sulla schiavitù millenaria". Questa retorica, tipica del ventennio, è tutt'altro che estranea alla sensibilità attuale e non solo perché il nostalgismo del ventennio tenta molti, ma anche perché il fascino della lettura dei fatti all'incontrario è sempre attuale. Gli invasori diventano liberatori, le stragi compiute si vestono di giustizia e il naufragio dell'umanità si chiama pace. Noi, per quel che può contare, stiamo dalla parte degli etiopi e oggi festeggiamo con loro.