A leggere attentamente il rapporto "Finanza di pace. Finanza di guerra" commissionato dalla fondazione Finanza Etica (Gruppo Banca Etica) e dall'Alleanza globale delle banche valoriali (GABV) e presentato in occasione del 16° incontro annuale di 71 banche, che si è svolto per la prima volta in Italia,

si resta sconcertati e amareggiati, quasi sconfitti dalla fotografia di un intero mondo che investe (e quindi crede) molto di più nella guerra che non nella pace. Ne parla oggi in prima pagina Avvenire: 240 miliardi di dollari sono stati spesi nel 2023 per acquistare nuove armi. Stiamo parlando del 2,2% del Pil mondiale. Uno scandalo, una sconfitta vera e propria per le politiche dei governi che si abbattono – come sempre – sui più poveri. A conti fatti, un F35 costa come 3.244 letti in terapia intensiva e un sottomarino equivale a 9.180 ambulanze. E quel che è peggio è che non esista governo al mondo che possa investire in entrambe le spese e quindi si tratta di scegliere o armi o sanità, o armi o sociale, o morte o vita. "Da ogni parte arrivano spinte per aumentare le spese militari – dice Anna Fasano, presidente di Banca Etica - mentre consulenti finanziari in tutto il globo esultano per le impennate dei profitti e dei rendimenti registrate negli ultimi mesi dal comparto bellico". Come spesso avviene: mors tua, vita mea. Ma siamo sicuri che non sia piuttosto una morte per tutti?


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