La legge 185 del 1990 che attualmente regola il commercio delle armi italiane è uno strumento di democrazia.
Anche se talvolta è stata aggirata con interpretazioni malsane e da commerci clandestini, resta quanto meno un riferimento per il rispetto dei diritti umani e per la migliore conoscenza partecipativa dei cittadini. Con la supervisione di un organo di controllo (UAMA) che di fatto autorizza o respinge le richieste di esportazione, le armi italiane non possono essere esportate ad esempio verso nazioni che hanno un conflitto in corso o che violano i diritti umani. Ogni anno il Presidente del consiglio è tenuto a presentare in Parlamento una relazione dettagliata sui destinatari del commercio, sul numero e sul tipo di armamenti e munizioni trasferiti, sugli istituti bancari che aprono linee di credito per queste operazioni e altri dettagli. Nei giorni scorsi il Senato ha approvato una riforma presentata dal governo che abolisce quella Commissione e snellisce la relazione cancellando ad esempio l'elenco delle banche coinvolte. Si tratta di una manganellata solenne alla democrazia ma anche alla fiducia tra i popoli che non può essere certo costruita con le armi. Una minaccia contro la vita. Acli, Azione cattolica, Agesci, Associazione Papa Giovanni XXIII, Movimento dei focolari, Pax Christi, oggi si rivolgono alla coscienza dei parlamentari con un appello per fermare questo tentativo di regressione verso la civiltà di morte di armi e guerre.