Sono bastate poche righe a Dacia Maraini ieri sul Corriere della sera per lanciare una pietra nello stagno. Uno stagno che, sotto un leggero strato di fanghiglia, nascondeva o proteggeva il tesoro dell'acqua trasparentissima della poesia che si fa rivoluzione.
E per questo ha parlato delle donne iraniane che la stampa importante (mainstream) sembra aver dimenticato. Le donne iraniane continuano a protestare contro la violazione dei loro diritti. Lo fanno, talvolta, in punta di piedi. Lo fanno con la poesia. "Mahvash Sabet è stata dieci anni in carcere per avere criticato la politica dell'intolleranza, con l'accusa di avere complottato contro il Paese. Uscita dal carcere, ha potuto pubblicare le sue poesie, che sono state amate, tradotte, premiate. Mesi fa l'hanno denunciata una seconda volta con l'accusa di appartenere a una religione diversa, la Bahà'í che crede in un solo Dio per tutta l'umanità. E oggi l'hanno condannata ad altri 10 anni di carcere con le stesse accuse. Evidentemente la poesia fa paura ai regimi, soprattutto se a scriverle è una donna".