Tesfalidet Tesfom era passato attraverso l'inferno del centro di detenzione libico di Bani Walid. Quando si scriverà seriamente la storia dei migranti ne parleremo come la nuova Auschwitz.

Tesfalidet, eritreo, era arrivato a Pozzallo il 12 marzo 2018 e pesava 30 chili. Lo chiamavano Segen che è un nome di donna che significa struzzo e si affibbia a chi ha il collo molto alto. Non ce l'ha fatta ed è morto il giorno dopo. Ora il suo corpo riposa nel cimitero di Modica con una croce bianca e il suo nome scritto a matita. Invece le sue poesie scritte in tigrino su fogli bagnati e con scrittura incerta ma ripiegati con cura nelle sue tasche, non riposano affatto. Ci provocano. E nei giorni scorsi la Treccani ha accreditato i suoi versi. Il suo nome ora è inserito nel novero dei poeti. "Se porto pazienza non significa che sono sazio/ ma io e te (fratello) otterremo la vittoria affidandoci a Dio". "Nulla è irraggiungibile/ sia che si ha poco o niente/ tutto si può risolvere/ con la fede in Dio. Ciao, ciao. Vittoria agli oppressi".


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