Per il tramite di padre Gianni, un missionario saveriano che opera in Congo, mi sono arrivati alcuni video di ordinaria violenza ai danni di quelle popolazioni. Tra le altre ci sono le immagini di una donna colpita a morte e riversa per terra in strada col bambino che piange stando, secondo il costume del luogo, fasciato dietro le spalle.

Una mano pietosa si china a prenderlo per metterlo in salvo. Si tratta di riprese tremanti, incerte, girate di corsa e di nascosto in un clima concitato e impaurito che dicono di una quotidianità minacciosa e difficile. La strategia è quella di impaurire gli abitanti di quell'area fino a spingerli a lasciare le loro case. A sparare sono gli uomini dell'M23, una formazione che arriva dal Ruanda e che vuole campo libero per procedere indisturbata all'estrazione delle cosiddette terre rare che vengono poi rivendute ai mediatori delle grandi aziende che le trasformano in microchip, smartphone, computer, batterie per automobili elettriche e tanto altro. Il silenzio che avvolge queste situazioni è assordante e penoso. Ed è un silenzio della politica, dell'informazione e dell'economia rispetto a guerre di serie B combattute ai danni di persone considerate di serie B. Senza voce. Se non quella flebile di p. Gianni e di quelli come lui.


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