Ciò di cui non riusciamo a renderci conto con consapevolezza e senso di responsabilità è che le bombe che uccidono oggi la gente errante, inerme, stremata, sotto le tende precarie di Rafah, sono bombe sul futuro. Israele e Hamas stanno spargendo la gramigna dell'odio che nutre la vendetta.

Quelle bombe stanno persuadendo anche i palestinesi più critici o addirittura contrari verso Hamas che il terrorismo è l'unica risposta alla brutalità dei massacri. Diventa sempre più difficile percorrere un'altra strada magari nel dialogo o nel riconoscimento delle ragioni dell'altro, quando quelle ragioni hanno la presunzione di affermarsi con l'orrore di donne e bambini massacrati. Il tutto nel silenzio generale, sotto l'ipocrisia del principio inviolabile della sovranità nazionale e nel nome della legittimità della violenza della guerra. Resta flebile e tenue quel filo di speranza contenuto nell'appello che è stato firmato da papa Francesco a Verona e che indica in ben 160 organizzazioni per la pace dei due popoli riunite nell'Alleanza per il Medio Oriente, i partner per la comunità internazionale a cominciare dal G7. Non dobbiamo smettere di sostenere la speranza che un'alternativa alla carneficina esiste. 


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