L'assuefazione alla morte conduce a non considerare più così tanto "notiziabile" la morte in mare di persone migranti. Figuratevi quando la morte raggiunge profughi, migranti e sfollati in un deserto. È accaduto così anche in questi giorni in cui circa una cinquantina di sudanesi hanno incontrato la morte nel deserto tra Sudan ed Egitto.
Il termometro superava i 50 gradi e in molti non ce l'hanno fatta a sopravvivere a colpi di sole e calore. Scappavano da quella sanguinosa guerra che da un anno stringe in una tenaglia infernale le popolazioni del Sudan. Si calcola ormai in 10 milioni il numero delle persone sfollate nel Paese e 2 milioni quelli che hanno varcato i confini. Ad aprile scorso, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha fatto sapere che il numero di sudanesi registrati presso i propri uffici in Egitto è quintuplicato dallo scoppio del conflitto nella loro patria, con una media giornaliera tra i 2.000 e i 3.000 rifugiati e richiedenti asilo provenienti dal Sudan. L'esodo di rifugiati e migranti non è fenomeno che riguarda solo il Mediterraneo e l'Italia, è un tema globale causato da guerre, fame e diritti negati. Se non ci fossero questi fattori, non ci troveremmo oggi ad essere voce nel deserto dell'indifferenza e delle porte sbattute in faccia al dolore. (fonte: L'Osservatore Romano, 12.06.2024, p.1)