La prima Assemblea sinodale della Chiesa italiana è un fatto storico. Una spinta al carretto della comunità cristiana verso il cambiamento.
Papa Francesco aveva insistito tanto perché si compisse anche in questa Chiesa locale di cui è primate ma le ruote della Chiesa conciliare erano incrostate di paura e prudenza che sembravano suggerire solo cautela e attenzione. Stupidamente si cercava di conservare una foto che si andava ingiallendo e che ritraeva chiese colme di tanta gente e non sappiamo di quanta fede. E ci si abbandonava a una nostalgia struggente per distrarsi da un’istantanea impietosa. E adesso che il cammino verso un cambiamento di paradigma sembra un po’ più consolidato forse si comincia a balbettare un passo incerto capace di ascoltare ciò che sta avvenendo nel mondo e di provare ad essere davvero sale. E non perché ormai non abbiamo più niente da perdere ma piuttosto perché abbiamo tanto da guadagnare. “Si moltiplicano (…) gli inviti a scrutare “i segni dei tempi”, - ha detto Erio Castellucci in apertura - a ricercare i “semi del Regno” o “le tracce del Vangelo”, a rilevare i “frutti dello Spirito”. E ancora: “Siamo certi infatti che lo Spirito sceso a Pentecoste non si dona a macchia di leopardo, ma illumina il cosmo e la storia, senza lasciare orfano nessuno”. Per questo intravediamo una profezia che attende d’essere concretizzata, fatta carne, resa storia.